Stefano Bertolotti (Ivar): “Non siamo mai appagati, vogliamo crescere ancora. Il calcio allena alla vita”
In un articolo del 2011 dal titolo “La teoria del colore, questa sconosciuta”, Lisa Guerrini definiva l’arancione “il colore del fermento, dell’attesa di qualcosa di migliore, che passa un messaggio di movimento e fervore, spesso associato all’ambizione e alla volontà di affrontare le cose in un modo nuovo”.
Una definizione che calza a pennello con lo spirito di Ivar, eccellenza bresciana nel campo della progettazione e realizzazione di sistemi per il riscaldamento e impianti sanitari ad alta efficienza energetica. “Be Orange”, un motto sbocciato nei capannoni di Prevalle, si estende in tutta la provincia tramite le numerose collaborazioni messe in atto a sostegno di parecchie realtà sportive. Una prassi che consente a Ivar di esportare uno spirito imprenditoriale davvero affine alle sfide vissute dagli atleti bresciani di svariate discipline.
Stefano Bertolotti, amministratore delegato del gruppo, dribbla con schiettezza chiavi di lettura filosofiche: “L’arancione? È vero, per noi è un marchio di fabbrica, ma l’ho scelto semplicemente perché è il mio colore preferito”. Ascoltando il suo racconto, tuttavia, quell’arancione assume un significato più profondo, che penetra valori e sentimenti: dall’amore per il lavoro e la famiglia ai legami con il territorio, fino alle passioni più viscerali.
“Tutto ebbe inizio nel 1985, quando mio padre, ingegnere meccanico, decise di mettersi in proprio creando una società con mia madre e altri due soci. Si trattava di una piccola realtà che produceva per conto terzi e che fin da subito puntò sull’export, in particolare verso il Belgio. A inizio anni Novanta tutto passò nelle mani dei miei genitori perché gli altri due soci erano anziani e si ritirarono.
La crescita è stata esponenziale. Le filiali commerciali oggi sono diffuse in tutta Europa. Due in Belgio, una delle quali opera in territorio olandese; una in Repubblica Ceca che è attiva anche in Slovacchia e Ungheria; poi Romania, Inghilterra, Spagna, e l’ultima arrivata in Francia. Siamo anche in Tunisia, Stati Uniti e Cina, dove vendere non è assolutamente facile. Anche il mercato russo è tra i più floridi, ma la produzione è tutta qui in Italia, nel Bresciano”.
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Ivar è partner della Rigamonti. “Per noi sostenere realtà di questo tipo significa condividere valori ed essere vicini al territorio. È una logica che anima la nostra azienda e che vale per la banda musicale del paese come per il Basket Brescia di Serie A. È bello e giusto dare una mano a realtà virtuose e le aziende di successo devono essere riconoscenti con le proprie aree di riferimento. Noi da sempre siamo aperti a relazioni di questo tipo”.
In granata Bertolotti ha trovato anche la dimensione ideale per far crescere i propri figli.
“Da ragazzo ho praticato minibasket e atletica, che rimpianto non aver messo gli scarpini ai piedi! Vivo il calcio ora, da genitore. Alla Rigamonti ho trovato un contesto meraviglioso, direi raro.
Giorgio Gaggiotti è un personaggio istrionico, va detto, ma è genuino e vive nel segno di un rispetto totale nei confronti di ragazzi e famiglie. Penso che abbia ragione il 97% delle volte che parla, ma spesso lo fa di pancia (ride ndr). Gli ho detto che se dicesse le cose con maggior diplomazia potrebbe essere un politico di altissimo livello.
Lui e Toni Scotti hanno esperienza, conoscono il significato profondo dello sport e fanno grandi cose per il calcio e per la Riga. Parliamo di un club con 350 tesserati e un bilancio da azienda, ma messo al servizio dei giovani. Dietro non ci sono oratori o paesi, non va dimenticato. Vedere genitori che fanno i volontari anche quando i figli hanno cambiato maglia mi emoziona molto”.
Chi eccelle nel vivaio, invece, è proprio la Rigamonti, premiata per due anni di fila come miglior settore giovanile nostrano agli Oscar CBS: “E non c’è due senza tre. Le squadre agonistiche stanno andando forte e anche l’esperimento della Juniores garantisce ottimi frutti. Il mio sogno sarebbe veder sbocciare l’Under 23. Le logiche delle prima squadre, dove si gioca per soldi, non mi appassionano. Mi piace l’idea di dare una prospettiva ulteriore ai ragazzi, affinché possano proseguire un percorso all’insegna del gruppo e dell’amicizia in un contesto di qualità”.
La fretta, secondo Bertolotti, è cattiva consigliera. “I giovani di oggi devono imparare ad affrontare ogni cosa con maggiore calma e minor voracità. Per crescere non bisogna correre all’impazzata, ma cavalcare le opportunità e operare con costanza. Vedo molti ragazzi che cambiano lavoro in continuazione, vogliono diventare responsabili dopo due anni di esperienza, eppure ciò che hanno imparato a scuola è solo una piccolissima fetta di ciò che occorre per fare un salto di qualità. C’è quello che chiamo ‘effetto Zuckerberg’, che spinge tutti a voler scalare le vette in un attimo, ottenendo prestigio, denaro e fama a velocità supersoniche.
Non funziona così e cambiare in continuazione non li aiuterà. Peraltro credo che occorra più rispetto anche nei confronti dei datori di lavoro, che investono su di loro con il rischio di restare con un pugno di mosche in mano dopo averli fatti crescere. A parti invertite non c’è la stessa libertà di scelta”.
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Comunque vada una certezza c’è: anche il futuro sarà arancione.
Bruno Forza
Notizia originale e completa: calciobresciano.it